Salvatore Ceccarelli e Stefania Grando sono stati tra i primi in Italia a studiare e sperimentare cereali resilienti. Le cosiddette popolazioni evolutive che si adattano ai cambiamenti sussumendo cultivar, genetica, territori, latitudini ed esperienze. Grani antichi che accuratamente selezionati possono dare una formidabile risposta sia a nuove esigenze alimentari salutistiche che a pratiche agronomiche sostenibili abbandonando l’uso di sostanze di sintesi.
Abbiamo incontrato Salvatore e Stefania ieri in occasione della formazione organizzata dalla cooperativa agricola El Tamiso presso le aziende agricole Carraro Francesco di Bojon (Ve) e Giovanna Furlan Pegolotte (VE). Una splendida giornata di contaminazione e di agroecologia.
Popolazioni Evolutive: un'esplosione di biodiversità
Una popolazione evolutiva consiste nel miscuglio di varietà diverse della stessa specie ottenute incrociando varietà di partenza con caratteristiche specifiche, coltivate tutte insieme in un unico terreno. La coltivazione di popolazioni evolutive rappresenta un metodo efficace per contrastare insetti e malattie, e al contempo per combattere il cambiamento climatico, a causa della loro capacità di adattarsi e di evolversi nel tempo.
Coltivare questi miscugli è come avere in campo un immenso catalogo con una svariata opportunità di adattamento grazie a cui la popolazione si evolve in modo naturale. Abbiamo diverse testimonianze di come in aziende agricole diverse lo stesso seme di partenza riprodotto per qualche anno aveva assunto sembianze completamente diverse.
L’evoluzione è il punto chiave!
Per approfondire: La storia del Miscuglio di Aleppo
Tante popolazioni con un'unica origine ma che si sono differenziate adattandosi a tanti ambienti diversi
Quando si parla di Miscuglio di Aleppo bisogna ricordare che in realtà ci sono tre Miscugli di Aleppo, uno di orzo, uno di frumento duro e uno di frumento tenero. Debbono il loro nome al fatto di essere stati costituiti nel 2008 e nel 2009 quando Salvatore Ceccarelli e Stefania Grando lavoravano come miglioratori genetici dell’orzo presso l’ICARDA (acronimo per International Center for Agricultural Research in the Dry Areas) con sede ad Aleppo in Siria.
Si chiamano Miscugli anche se il nome scientifico corretto è Popolazioni Evolutive, di Aleppo perché e lì che sono nate.
Alla fine del 2007, dopo che per anni avevamo praticato il miglioramento genetico partecipativo in una dozzina di paesi tra Medio Oriente e Nord Africa, ci rendemmo conto che il miglioramento genetico partecipativo aveva un elemento di debolezza perché in qualunque momento la collaborazione dell’Istituzione poteva venire meno. Pensammo quindi al miglioramento genetico evolutivo come ad una strategia per gestire la agrobiodiversità tanto flessibile da poter essere utilizzata dagli agricoltori sia in collaborazione con le istituzioni sia in modo indipendente.
Nel 2008 costituimmo una popolazione evolutiva di orzo mescolando i semi di 1600 incroci tra varietà che venivano da tutto il mondo compreso il progenitore selvatico dell’orzo. Nel 2009 costituimmo una popolazione evolutiva di frumento duro mescolando i semi di 700 incroci, e una di frumento tenero mescolando i semi di 2000 incroci. Nel caso del frumento duro e del frumento tenero le varietà usate erano adattate ai climi aridi del Medio Oriente e Nord Africa con la qualità richiesta dai consumatori di quelle regioni e che contraddistingue quelle farine che si definiscono deboli.
Le popolazioni evolutive arrivano in Italia
Una piccola quantità di seme delle tre popolazioni arrivò in Italia nel 2010 grazie all’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB) e nelle mani dei contadini della Cooperativa El Tamiso nel 2021. Per la loro origine e per il lunghissimo percorso scientifico che le ha generate, queste tre popolazioni arrivarono con il nome popolazioni evolutive ICARDA, nome che poi, nel caso del seme delle popolazioni di duro e di tenero, è stato cambiato in Furat, che è il nome arabo del fiume Eufrate. Ed è con questo nome che il seme si può acquistare presso gli agricoltori che sono autorizzati a commercializzarlo.
Testo di Stefania Grando e Salvatore Ceccarelli – Fonte